Come trovare il pollo
Qualche sera fa, in pieno clima di festa, vengo invitato a casa di amici per giocare una partita di poker…
L’ambiente è molto tranquillo, si chiacchiera allegramente. Per non rendere la serata noiosa ai precoci player out, decidiamo per una piccola sessione cash game a basso costo. Importa più essersi ritrovati, alzare i calici per un allegro brindisi.
Di due conosco bene le tecniche, gli altri quattro devo studiarli. Passerò un po di tempo ad esaminare le loro mosse. Conoscete le famose parole vero? “Se nella prima mezz’ora non trovi il pollo…”. Io ho ancora venti minuti, poi comincerò a preoccuparmi. Ma la situazione non mi appare troppo complicata.
Credo ci vorrà veramente poco.
Il gioco si scalda raramente; i rilanci sono limitati, limp a profusione, terreno fertile per le calling station. Qualcuno mette in mostra le fantastiche doti del lato C, aiutate senza ombra di dubbio dal gioco passivo e privo di strategia.
I minuti passano allegramente tra risate e scoppiate più o meno evidenti; si accenna a qualche bluff di troppo, sfruttando la debolezza del check sul turn, dopo la continuation bet standard.
C’è chi è alle prime armi ma ce la mette tutta per non sembrare imbranato. C’è anche chi insegue enormi piatti con una scala a incastro; nonostante tutto ci si scherza su, è l’allegria a farla da padrone.
É ormai chiaro che più di uno comincia ad abusare della dea bendata, fino al momento decisivo che mi consegna la giusta carica.
La mano in questione parte alla mia sinistra, con un semplice call under the gun. I due giocatori seguenti foldano, lasciando al quarto la possibilità di lanciare quattro chip bianche nel piatto per il solito limp.
Anche il quinto si adegua.
Lo small blind ne aggiunge solo due.
Io, consapevole del fatto che per migliorare quella putrida mano avrei avuto bisogno di un vero miracolo, busso per due volte con il pugno chiuso sul tavolo.
Non lo guardo nemmeno, il flop.
Ci regala una dama, un jack e un otto tondo tondo. “É tutto vostro ragazzi” – penso – mentre cerco di analizzare l’azione che si andrà a delineare.
Non c’è un draw di colore, visto il flop rainbow, ma qualcuno, forse, la scala l’ha presa. Sicuro il progetto per almeno un player. Qui l’incastro va di moda, non vorrei essere nei panni di chi la donna la tiene stretta tra le mani.
L’UTG che chiamerò X, esce puntando il piatto, 2 euro. Y segue e Z, dopo una breve risata a denti stretti, copre. Il piccolo buio getta le carte, idem per me.
Il turn cade inesorabile a sovvertire la sorte di chi, sicuro del suo punto, sa di essere finito nel baratro della sconfitta. 9 rosso, che oltre a chiudere una (quasi) sicura scala regala un progetto colore, insieme ad’ulteriore azione.
X, scoraggiato dalla quarta strada beffarda, opta per il check. Il pot di 8 euro, Y ne mette 3. Z sorprende tutti con un rilancio minimo e arriva a 6. La parola torna a X; senza penare troppo decide di passare la mano. Y completa, e checca sull’inutile 3 girato al river. Z fa piatto, 20 euro tondi tondi, che fanno passare l’avversario.
Guardate che avevo – esclama X girando QJ. E perché non hai chiamato? – risponde Z.
X: Non avevo le pot odds. Io: E le implied?
X: Forse, ma dovevo essere sicuro che chi ha puntato per primo non rilanciasse. Poi Z poteva andare all in.
Z: Cosa sono le odds? – X: I soldi che dobbiamo mettere nel piatto dato l’ammontare totale.
Z: E le implied? – Io: Lascia perdere, è un discorso lungo.
Y: Bah, ma che ti frega; io ti ho chiamato con scala a incastro.
Z: Così però provi a sculare? – Y: Ma perché, nel poker che bisogna fare?
Y: Comunque io sto vincendo, senza fare tutti questi calcoli! – Io: la serata è ancora lunga…
Y: Infatti, continuerò a giocare così…
Io: Bravo, è per questo che noi siamo qui…
Sono passati venti minuti e credo di aver trovato la gallina dalle uova d’oro; spero che gli altri non abbiano pensato la stessa cosa.
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